venerdì 18 aprile 2008

DORY TORNA PRESTO

Comunque tutto è andato bene.
C'è un certo Carovita che non mi permette di rimanere oltre a casa.
Pertanto, quando Baby avrà appena tre mesi, questo favoloso call center di operatori neo-assunti mi vedrà rientrare.
E sarà un ritorno da temere, dato che visto l'abbandono forzato della mia prola sarò ogni giorno, costantemente ed inesorabilmente incazzata come una mam-MINA.

venerdì 5 ottobre 2007

La maternità in un call center

Ebbene sì, strano ma vero, anche Dory, precaria con contratto a tempo indeterminato, va in maternità.
"Strano" perché in un’azienda come la nostra sembra un lusso, anche se a onor del vero il congedo per maternità sarebbe previsto anche per i co.pro. Dico "sarebbe" perché si può aggirare la cosa. In altre aziende lo fanno, ma forse non sono quei call center con gli ispettori fuori dalla porta pronti a prenderti in castagna, o spesso non sono nemmeno call center.
Comunque io qui ho sempre visto rientrare dalla maternità qualunque collaboratrice l’avesse voluto.
"Strano" anche perché vado, ma non so davvero cosa troverò al mio rientro.
Questo a fronte del gratuito e inopportuno accanimento istituzionale nei confronti dei call center. Che ci sta sempre su, come una spada di Damocle.
"Vero" perché è vero, finalmente. Ma questa è una cosa tutta mia.
"Vero" anche perché ci vuole effettivamente del gran coraggio: ma ad un certo punto le scelte si devono fare e basta, poco importa aspettare che passi l’ennesima crisi e perdere anni correndo dietro ad una sicurezza che in posti di lavoro come questo non c’è, e mai ci sarà. Qualunque sia il trattamento contrattuale. E ancor più sapendo che si fa parte di quel 30% delle coppie che si sono formate sul luogo del lavoro.
E poi il gioco vale benissimo la candela!
Venendo a me (mi permetto in questi mesi di concedermi un po’ di egocentrismo) vorrei che qualcuno mi desse conferma. Dato che non ho trovato risposte a riguardo, nemmeno sul sito dell’INPS: sembra infatti che in questo Paese un bambino debba essere lasciato a casa dalla mamma a soli 3 mesi d’età, questo perché lei rientri a lavoro per evitare di dover continuare a campare con il solo 30% del proprio stipendio.
Bene, spero che non sia così. Perché allora è vero che viviamo in un Paese di maschilisti (cosa di cui sono già convinta di mio), un mondo del lavoro sciovinista (e come negarlo!) e un’Italia che ancora continua a pensare alle cazzate, invece di concentrarsi su quanto c’è di più importante al mondo: la crescita di una nuova vita. Indipendentemente da che sia figlio di matrimonio o dico o single o altro.
Il tutto per disincentivare la crescita professionale di una donna! Per aiutare quegli uomini che non vogliono che le loro mogli lavorino!
Certo è più importante parlare delle solite, stancanti, incomprensibili e noiose pensioni. Allora dov’è la previdenza sociale? Si riduce solo a queste ultime? Cioè a quella parte di persone che, giustamente o no, è stufa di lavorare, anche se potrebbe continuare a farlo benissimo e che non si sente sminuita a farsi mantenere da noi che alla sua età subiremo sicuramente un trattamento peggiore. E poi si sta solo a parlare di quello. Ma quante riforme saranno state fatte negli ultimi tempi sulle pensioni? Quante invece sulle maternità? Hanno solo avuto il coraggio di inserire una cosa inutile come la paternità (ma che uomo con una famiglia normale di padre e madre assieme ne usufruisce?).
Insomma quante riforme sulla previdenza sociale sono state fatte in questi anni che non riguardassero le pensioni?
Mio padre giustamente mi dice: "Preferirei andarmene in pensione con qualche euro in meno, sapendo però che quei soldi vanno per mantenere ancora a casa per qualche mese in più una neo-mamma." Aggiunge però: "anche perchè poi i soldi comunque te li dovrò sborsare io, per aiutarti!"
Papà, ti voglio bene, meno male che ho te e soprattutto guai a chi non ti ha!

venerdì 21 settembre 2007

La vera storia di Torello Carnico

Questa è la storia del principe Torello Carnico, un principe senza corona e senza scettro. Sfruttato da un sistema che gli chiede responsabilità ma ricambia con pochi spiccioli mensili. Addirittura di meno dei suoi sottoposti.
C’era una volta un montanaro di nome Torello Carnico,
questo giovane ometto era venuto dalle non molto lontane montagne della Carnia per stabilirsi sulla costa Triestina.
Sicuramente non si sarebbe mai aspettato un giorno di essere incoronato Principe successore di Miss Prezzemolina, dopo una sua breve, ma intensa, esperienza a corte.
In realtà non si riuscì mai a capire cosa spinse il Regno Iwik a questa scelta, ma sicuro per i sudditi la gioia di essersi sbarazzat(e) di Prezzemolina fu tale da soffocare ogni sospetto.
Certo fu anche che le cose tutto sommato cambiarono, e Torello ne diede un segnale chiamando da quel momento i suoi sudditi "cittadini"
D’altra parte si trattava di un principe fuori dal comune: in primo luogo Torello non ebbe mai uno scettro né una corona (il suo unico scettro era il giornale "Unità" sotto braccio), anche se gli erano stati promessi (mentre stranamente Prezzemolina continuava a usufruirne…), poi anche il salario da Principe non era minimamente cambiato rispetto a quello da suddito, anzi era più basso di quello dei sudditi stessi (probabilmente volendo vincerebbe una vertenza, altro che schiavi moderni…), e non ultimo anche il trono fu abbastanza scomodo.
Infatti, proprio nel periodo della sua incoronazione, un tale Conte Damiano aveva fatto un Editto, secondo cui erano da stabilizzare tutti i sudditi che rispondevano ai numeri verdi. Fin qui, date le tendenze sinistroidi di Torello, nulla da dire, se non fosse per il fatto che poi erano stati inviati nei vari principati dei "controllori" a "informare" i sudditi a riguardo, e se non fosse stato che in realtà avevano invece multato il Regno.
Per non parlare dei Sindacati, una istituzione tutta nuova per quel periodo Medioevale, dalle bizzarre idee di tutelare il diritto al lavoro dei sudditi.
Non in ultimo Torello dovette far fronte al gran caos in cui si trovò d’improvviso il Regno di Iwik, con conseguenze ancora non chiare e poco rosee.
Tutte problematiche che il Principe Torello Carnico prese comunque a cuore, cercando di mantenere in tutti i modi in piedi il suo principato.
A questo punto ci si chiede che senso ha per pochi euro al mese prendere la merda di tutti, dei sudditi che chiedono e si lamentano e dei Re che non rispondono e si lamentano. Perché in un’azienda, ehm regno, normale una situazione del genere non si verificherebbe.
A Torello do un consiglio, con il cuore: forse è meglio che termini gli studi, dato che la tua laurea varrebbe molto. Perché vedi, esistono lauree di serie A e lauree di serie B, come anche aziende di serie A e aziende di serie B. Noi lavoriamo in una di queste ultime, che accolgono laureati di serie B, come me e non laureati (e maschilisti). Dove non importano le competenze, la preparazione e i titoli. Secondo me sotto sotto neanche chi ci sta a capo ci crede. Per questo veniamo sfruttati, rimanendo sempre sul filo del rasoio e chiedendoci se il nostro lavoro un domani avrà un valore.
Invece con la tua laurea di serie A potresti entrare in un’azienda di serie A, quelle in cui sono ammessi preferibilmente anche raccomandati e "conoscenti di".
Purtroppo ad oggi "qualcuno" ha deciso di colpire la nostra, come altre aziende di serie B.
Non mi è ancora chiaro il motivo di questo accanimento.
Ma di una cosa ti dico che sono certa: tu qui sei sprecato, meriti meglio tu, come la tua atipica "famiglia" …
E se è quello che vuoi è meglio muoversi, e farlo subito, senza esitazioni o prendere tempo.
Perché da questa gente mi sa che abbiamo poco da sperare e non vorrei che ne uscissi avvilito.

giovedì 13 settembre 2007

La favola di Barbie Prezzemolina

Prologo: E’ passato un anno da quando mi hai detto "quest’azienda non sa che farsene di gente come te", ed ho pensato di fare cosa carina dedicandoti una bellissima favola.
In cui tu sei, come vuoi sempre, l’indiscussa protagonista.

C’era una volta Barbie Prezzemolina,
questa bella bambolina era in realtà un po’ irrequieta, perché ancora non aveva capito cosa fare da grande. Ma una cosa era certa, a lei piaceva tanto mettersi in mostra e fare tutto da sola, in modo che tutti potessero sempre dirle che brava che era.
Per questo Prezzemolina era una Barbie malfidente, diffidente, accentratrice, e poco incline alla condivisione.
Un giorno Barbie Prezzemolina viene incoronata a Principessa di uno dei principati dell’ormai famoso regno di Iwik.
In realtà si trattava solo di un ritorno, perché Prezzemolina era già stata a Trieste, responsabile dei sudditi che rispondono ai numeri verdi, poi si era licenziata per andare altrove, poi era tornata nel regno, ma in un altro principato e poi ancora non contenta era andata di nuovo via. Quindi i sudditi, che la conoscevano bene per frasi del tipo "tu un contratto qui dentro non lo avrai mai!", appena seppero della salita al trono di Prezzemolina si ribellarono e alcuni piansero. Inutilmente perché i messaggeri del regno non li ascoltarono.
Prezzemolina quindi prese ben presto le redini del castello, tra tante la sua priorità fu abbellirlo, subito infatti agghindò il suo ufficio con quadri, candele e stronzate acquistate all’Ikea. Dopo pochi mesi elargì aumenti per comprarsi la simpatia dei suoi sudditi i quali però ben presto capirono che in realtà questa Barbie non era altro che un contenitore, incapace di avere una propria opinione, proprie idee e soprattutto di umanità.
Infatti Barbie Prezzemolina non si arrabbia mai e anche se accade il suo volto ha sempre la stessa espressione, poi anche i suoi movimenti sono molto legati, come anche le sue abitudini. Fa la salutista andando a fare footing e mangiando pochissimo, in compenso fuma 2 pacchetti di sigarette al giorno. Tra l’altro Barbie Prezzemolina è una diffidente incapace di condividere il lavoro con gli altri, incapace di lavorare in gruppo e gli obbiettivi da perseguire sono sempre e solo i suoi. In compenso le piace essere sempre in mezzo ad ogni occasione e non si perde occasione per ficcare il naso negli affari lavorativi altrui.
Questa Barbie è stata confezionata con un piccolo errore di fabbrica, nelle orecchie probabilmente ci hanno messo troppa plastica, dato che non è assolutamente capace di ascoltare.
A causa di ciò col tempo sul regno si sparse l’apatia, lo scoraggiamento, la sfiducia e l’umiliazione tra i suoi sudditi che tanto avevano alacremente lavorato per molti più anni di lei, accumulando capacità ed esperienze che lei stessa denigrava e sminuiva ogni giorno davanti a loro, con umiliazioni, litigi e discussioni. Era anche molto brava a far litigare le persone tra loro, spargendo la zizzania e facendo sì che non ci fossero mai riunioni di corte nelle quali si potesse tenere il confronto. Durante il regno di Prezzemolina, vennero molti messaggeri a controllare la situazione del principato.
Ma questi facevano sentire i sudditi ancora più demotivati, dato che non si sa perché la difendevano sempre. Prezzemolina era anche un po’ stupidamente furba, dato che il giorno prima dell’arrivo dei messi faceva sì di tenere finte chiacchierate di chiarimento con i sudditi allo scopo di ottenere che nessuno parlasse male di lei. Cosa che invece lei puntualmente faceva.
Fu così che il regno non ebbe più uno staff, non ci fu più unione e ben presto si arrivò alla rovina.
Finalmente qualcuno si decise a far fuori Prezzemolina o si fece fuori lei stessa, non si è ancora capito.
Al momento del declino più totale infatti arrivò un bel Principe, Torello Carnico, che prese le redini del principato e ascese al trono.
Ma da qui inizia un’altra favola.
Prezzemolina di sicuro scese dal trono, ma non ha mai rinunciato a farsi cadere la corona.
E’ ancora lì, convinta che i privilegi per lei esistano ancora, certa di essere una grande manager.
Ignara o inconscia del fatto che nei momenti di crisi bisogna mettersi una fune al collo, ingoiare il rospo e imparare a remare con gli altri.
Nella stessa direzione, soprattutto se si è sulla stessa barca.
Purtroppo questo regno è invece fatto di tanti baronetti che non vogliono perdere la loro corona e che si sentono ancora dei privilegiati, anziché semplici lavoratori che devono combattere tutti assieme per tenere stretto il loro posto di lavoro.

mercoledì 12 settembre 2007

Grazie Mille (Fuori Tema)

C’è una cosa che in questi anni mi ha sempre un po’ spiazzata, cioè una mia inspiegabile passione musicale per le canzoni di Max Pezzali. Strano perché i miei gusti musicali sono ben diversi e comunque non molto "maniaci", si limitano al cd ascoltato di tanto in tanto in macchina, e non sempre, quando non sono sola.
Preciso che il mio idolo è e sarà sempre solo Lucio Battisti.
Invece capita nel mio frequente peregrinare solitario per il Friuli di togliere, appena rimasta sola in auto, dall’apparecchio qualsiasi cd e inserirne uno di Max Pezzali. Poi mi metto ad ascoltare una canzone, ripetendo sempre la stessa e la canticchio tutta contenta. Una volta il massimo era anche fumarmi un po’ di sigarette, nel frattempo che anche guidavo. Ora non lo faccio più (solo perché ho smesso).
Stamattina mi è capitato dopo tanto tempo di andare a lavoro in macchina da sola. Ed infatti la prima cosa è stata accendere l’autoradio ed ascoltarmi "Lo strano percorso".
E di colpo ho realizzato.
Ho realizzato di quando in treno, al ritorno dalla vacanza "premio" per il diploma di maturità, con gli amici cantavamo "Hanno ucciso l’Uomo Ragno". E quando accompagnandomi con "Nord Sud Ovest Est", ho dato il mio primo esame all’università.
Allora erano semplicemente canzoni che si sentivano alla radio, la vera passione è nata accompagnando mio fratello e un suo amico al concerto degli 883.
Da allora è stato un crescendo, dai festini universitari, alle serate per sole ragazze, dalle nottate in discoteca, ai "flirt" semi-casuali: tutte le canzoni della mi vita da ragazza, Gli Anni, Una canzone d’Amore, La regola dell’amico.
Fino ad arrivare ai timori pre-laurea, quando andando in giro per il Carso a cercare reperti per la tesi in macchina ascoltavo "La dura legge del Goal", pensando se di lì a qualche mese anch’io avrei potuto dire che gli amici che c’erano sempre stati erano rimasti.
E dopo, quando con "La regina del Celebrità" ho cominciato a sentire nuove esigenze, o quando col rilancio di "Gli Anni" ho compiuto uno dei passi più importanti della mia vita, di cui tra l’altro ho iniziato a pentirmi dopo un anno.
L’anno in cui ho individuato la canzone che ritengo più bella, in cui riconoscevo il mio modo di vedere le cose, che ormai si era formato in una mentalità puramente fatalista.
La stessa canzone "Come deve andare" mi ha rassegnata nei momenti più terribili e deludenti che ho passato negli anni successivi, fino all’altr’anno, quando ho cominciato a pensare che la mia vita fosse un fallimento e quando tutto, la mia famiglia, il mio lavoro, addirittura il mio fisico mi procuravano delusioni una dietro l’altra. Quando ho realizzato che è veramente facile per un estraneo, farti del male, come farti del bene. Quando ho scoperto che le persone cattive esistono davvero, e soprattutto quando sono diventata cosciente di quanti stupidi ci sono bravi a girare il coltello nelle piaghe che già la vita di per sé ti infligge.
E come i tuoi sforzi, la tua dedizione, e voglia di migliorare possano essere schiacciati, disprezzati, volontariamente fraintesi da chi nemmeno ti conosce, ma è tanto presuntuoso da credere di sapere tutto.
Ascoltavo quella canzone quando anch’io ho realizzato, al volo che rischiavo di fare una vita arrancando in salita, mentre ogni volta c’è sempre qualcuno che mi "sorpassa, ride e va".
Alla fine c’era poco da lamentarmi, e soprattutto poca importanza da dare agli stronzi, biechi, idioti, maschilisti che avevano, in ogni ambiente invaso la mia vita. C’era da credere a come la vita ti da sempre una sorpresa e di come tra tante delusioni non ci si renda conto che alla fine si impara a gioire anche per le piccole cazzate.
E poi sono sempre stata convinta che qualunque cosa accada, accade comunque per il nostro bene. Se si mantiene un filo di speranza.
E’ quello che ho detto spesso alla persona che prima di Max Pezzali mi accompagna nella vita da un bel po’ e che ha resistito a queste intemperie con me.
Oggi, in macchina, ascoltando quella canzone ho capito che forse e sottolineo forse, ci siamo. Forse questa volta tocca a me, sorpassare, magari non ridendo, ma incoraggiando chi sta arrancando, perché anch’io ho faticato tanto.
Ho capito che davvero, forse le cose brutte che mi sono capitate erano per il mio bene, perché c’è un tempo per ogni cosa. Il tempo forse finalmente è arrivato e spero che il sig. Pezzali vorrà accompagnarmi con qualche canzone che spero di trovare in questi mesi che mi aspettano, pieni di ansie, paure, incertezze, ma anche gioia e felicità.
Perché forse e lo sottolineo ancora, questa musica a febbraio avrà il compito di accompagnare me e il mio "compagno" in uno dei momenti più intensi e importanti della nostra vita insieme.

martedì 4 settembre 2007

Dove eravamo rimasti…(e dove andremo?)

Si è tanto parlato in questi ultimi mesi dei callcenter. Praticamente quasi sempre male.
Si è fatto di tutto per combattere questa "piaga sociale", e parlando spesso senza cognizione di causa, si è praticato un ridicolo e fuori luogo accanimento istituzionale.
Si è fatto di tutto per affossare le aziende, con estrema attenzione ai grandi gruppi, operanti nel settore.
E ci sono quasi riusciti. Solo che nessuno ne ha parlato. Nella mia città so che un paio di callcenter hanno chiuso a causa dell’accanimento legalizzato loro riservato (con buona pace dei cantieri non in regola, dove la gente rischia la propria incolumità, ma queste sono banalità…), non oso pensare nelle metropoli, dove questi posti sono centinaia e danno da lavorare a migliaia di persone.
D’altra parte nessuno ha mai creduto che i callcenter sono poveri, tantomeno gli schiavi moderni (pagati) che ci lavorano.
Non hanno soldi perché si tratta di aziende sfruttate a loro volta da grandi società di capitale che non trovano comodo investire sui giovani e su nuovi posti di lavoro.
Ma quelle sono aziende intoccabili. Sono quelle che detengono un monopolio, che regolano tutto il nostro patrimonio, la nostra economia. Sono quelli che ci mettono la gente al governo, facendoceli passare come elementi democraticamente eletti. Sono quelle società che comunque vada, debiti o non debiti, vendite o non vendite, crac o non crac non falliscono mai, gli va sempre liscia.
E il tutto si condisce con un po’ di opinione pubblica, fatta di vittimismo testimoniato da parte di pochi "sfruttati" e fatto del dare importanza al cittadino comune chiamando in ballo la loro privacy. Sì, perché i cattivi callcenter disturbano la privacy dei poveri cittadini che non vogliono ricevere telefonate promozionali a casa.
Non sono d’accordo, ma è un’opinione mia, quindi forse ci stava.
Ma che strano questo dilagante utilizzo degli sms per fare le promozioni.
Quasi contemporaneo alla chiusura verso il telemarketing e ai provvedimenti presi a riguardo da parte delle "Autorità". Io che ne ricevo in media un paio al giorno, ho deciso di promuovere una campagna contro questo metodo di diffusione di informazioni commerciali. Anche perché vorrei sapere CHI ha il compito di inviare questi sms (e chi ci guadagna, oltre a quelli che fanno la promozione) e DA DOVE sono stati raccolti i dati e il mio numero di cellulare (non sempre è il mio gestore telefonico ad inviarmi le promozioni, ma anche finanziarie, assicurazioni ecc).
Chissà se il magnifico Garante della nostra Privacy avrà l’altrettanta solerzia che ha avuto contro il telemarketing per far luce su questo nuovo fenomeno commerciale.
E poi vuoi mettere un freddo sms con la voce "suadente" di una cortese operatrice telefonica?

mercoledì 1 agosto 2007

Foglietti di carta copiativa

Ieri ho avuto il "piacere" di partecipare ad un incontro con alcuni individui impiegati in una delle aziende nostre committenti.
Ho definitivamente preso atto del fatto che ormai il sistema più utilizzato dai cosiddetti manager per darsi importanza è un utilizzo privo di proposito della lingua inglese. Sia chiaro, non sono una "purista" della linga italiana. Ma ritengo che esistano dei limiti e per me questi sono stati largamente oltrepassati, rasentando il ridicolo.
Avevo già dovuto sopportare, anni fa, quando questa moda (del tutto milanese) era appena agli inizi, il mio ex-ex-capufficio che mi chiedeva di forwardargli un'e-mail o che, con il suo rude accento friulano, mi comunicava in tono quasi minaccioso che appena riusciva veniva da me a fare un rebùt del server.
Negli anni avevo poi dovuto sopportare qualche ignorante colleghina milanese chiedermi il rìport (anziché report) o la mia zelante ex capufficio propormi un breef o di preparare qualche slide.
Ieri secondo me abbiamo toccato il fondo: abbiamo iniziato parlando di un'attività stand-alone da customizzare su un baseload, fino ad arrivare a capire che in pratica si trattava di un direct mailng, attenzione, no-rolling, con successivo recall per un check del feedback. Ad un certo punto sono certa si sia parlato di una nostra capacity-acquisition possibile a patto di costruirci una proxy seguita da un piano di roll-out.
Al di là della impossibilità di lavorare sereni di fronte a tali incomprensibili e bizzarri consigli, io giuro che ho dovuto trattenermi dal ridere in faccia all'individuo che parlava (tra l'altro non uno scemo qualunque).
E poi ho pensato a come effettivamente questo darci importanza con tali termini sia entrato nella normalità anche qui da noi a Trieste, dove spesso abbiamo cercato di resistere a questa guerra tra poveri (milanesi): ormai il nostro capufficio viene chiamato CCM, Call Center Manager (io lo chiamerei "Esecutore di un mandato", dato che in sintesi c'è ben poco di autonomia manageriale in ciò che fa), quelli come me li chiamano PM, Project Manager (fino a poco fa eravamo semplicemente le disprezzate e rompiballe tuttofare, al fine degli allori che si prendevano altri. Ci hanno cambiato il nome, ma la sostanza rimane la stessa).
Il PM si avvale di una schiera più o meno folta di TL, Team Leader (braccio esecutore di quello che né il PM né il CCM hanno più voglia di fare) e di Tutor, termine non inglese, ma perché non chiamarli "affiancatori"(che è quello che fanno)?
Segnalo che fino a che abbiamo lavorato sotto il nostro ex-ex-capufficio friulano, di manicuccia stretta, il ruolo di PM, TL, e tutor era racchiuso in un unico "bubez": il Supervisore (ruolo rivestito anche dalla sottoscritta).
Per non parlare delle figure dell'Account Manager (del tutto inutile in questa sede) e del Sales Manager (inesistente in questa sede), inventate solo da chi si vergognava di identificarsi come un "addetto alle vendite".
Poi vedo la tenerezza che mi fanno le mie fiere colleghine milanesi a mettersi il loro ruolo segnato sotto il nome nella firma automatica dell'outlook (io personalmente mi sono sempre rifiutata di farlo) e sorrido al ricordo del nostro (dimesso) Operation Manager che accusandomi di essere un'accentratrice mi esortava a "farmi l'acting".
Come spiegargli che letteralmente avevo già provveduto da tempo?
E penso al mio papà, che nella sua spartana semplicità militarista mi ha consigliato di non usare e-mail, ma di scrivere su foglietti con carta copiativa gli ordini da impartire ai miei sottoposti, in modo da averne una copia per un controllo a fine giornata, aggiungendo in tono canzonatorio ed accento napoletano "là siete tutti manager, ma chi comanda?".

mercoledì 25 luglio 2007

Due storie - La prima

Voglio raccontare due storie. Le storie di due mie amiche.
Ultimamente mi sento poco con loro, perchè per un motivo o per l'altro le nostre vite si sono divise, seguendo percorsi del tutto opposti.
La prima: una delle più vecchie e care amiche che ho. Si è trasferita dal sud per raggiungere il fidanzato che lavorava qui a Trieste. Io l'ho conosciuta all'Università, eravamo compagne di corso. Abbiamo anche fatto la tesi assieme e ci siamo laureate nello stesso anno. Ha circa 4 anni più di me e quando l'ho conosciuta lei aveva già lavorato, per mantenersi gli studi, come cameriera in un pub e come ragioniera.
Dopo la laurea anche lei si è iscritta come me ad un master.
Forte anche di questa qualifica, dopo due anni di ricerca inutile (pena forse il suo stato civile?), ha finalmente trovato un posto: come impiegata.
In pratica aveva fatto titolo il diploma e la precedente esperienza da ragioniera.
Le fanno un contratto di formazione lavoro, per due anni.
Nel frattempo si era sposata, e nell'illusione di tornare un giorno nella sua città di origine ha continuato a vivere in affitto, in un appartamento ammobiliato.
Dopo un anno e mezzo di lavoro, quando il contratto stava per scadere e dopo che l'avevano promossa e soprattutto dopo 4 anni di matrimonio ha deciso di avere un bimbo.
Regolare: è andata in maternità.
Il bimbo è nato, ha concluso la sua maternità e il giorno in cui è rientrata al lavoro le hanno comunicato di cominciare a cercare altrove perchè non le avrebbero rinnovato il contratto di formazione. L'avevano infatti nel frattempo già sostituita con una neo-laureata in legge.
Dopo un periodo di stasi, dovuto alla delusione, forse allo sconforto nel dovere ricominciare tutto daccapo, e occupata comunque a fare la mamma (e mano male che il marito è dipendente statale), la mia amica trova un altro lavoro: un part-time come socia di cooperativa (quindi precaria). Per 5 euro all'ora prepara i documenti per le gare d'appalto, attività su cui lei è specializzata.
Nel frattempo cade definitivamente l'illusione di un trasferimento e si delinea sempre più l'opportunità di costruire una vita stabile a Trieste.
Compra casa e fa un mutuo. Riceve l'aiuto dei contributi regionali.
Dopo tre anni di lavoro in cooperativa, decide di avere un altro bimbo.
La maternità per gli atipici è diversa. Si tratta di solo 5 mesi, all'80% dello stipendio. Inoltre il contratto è precario. Si può chiudere da un momento all'altro.
Il datore di lavoro si arrabbia anche questa volta.
Infatti il bimbo è nato, 5 mesi fa, e la mia amica ha ricevuto l'ultimatum di rientrare a lavoro entro settembre essendo in agosto in "ferie".
Pena la conclusione del contratto.
E quindi mi chiedo: ma noi che dobbiamo fare? dicono che l'Italia cambia, ma a me sembra che nulla si sia spostato di una virgola. Parlano di svolte, ma a me sembra sempre che navighiamo nella stessa merda. I governi mutano, come i ministri, ma nessuno sembra occuparsi di noi.
O meglio di chi non desidera altro che avere una famiglia, o anche non averla, ma almeno una certezza: che se la società deve essere stabile, allora lo sia anche il lavoro; se il lavoro deve essere precario, allora la società si adatti. Insomma qualcuno ci tenga in considerazione. Invece no: si pensa alle pensioni, alle intercettazioni, al governo, se cade o non cade, persino alle coppie di fatto. E nel frattempo lavorare, soprattutto per una DONNA ed essere indipendente, diventa sempre più complicato.

giovedì 19 luglio 2007

Etologia ed ecologia di uno Staff

I comportamenti tipici di uno Staff rispecchiano esattamente le caratteristiche comportamentali di un branco.
In genere un branco di questo genere è composto da più individui, in questo caso alquanto eterogenei, dotati di diverse specificità caratteriali e comportamentali.
Nella situazione oggetto del presente studio abbiamo subito individuato un capo - branco: il cosiddetto Misciamerda.
Il Misciamerda è un maschio, di età adulta, in fase riproduttiva. Il Misciamerda si è ben adattato agli ambienti costieri, pur provenendo dalla montagna. Caratterialmente ha la tendenza a non prendere mai una posizione specifica ed usa spesso allocuzioni quali "non vedo perché no", "sicuramente ma altrimenti", "onestamente", "sinceramente". Risulta difficile agli altri componenti del branco riuscire a comprendere a pieno quello che Misciamerda vuole dire, trattandosi quasi sempre di un tutto - niente.
Il Misciamerda però non è ancora un maschio molto affermato, dimostrando in accertati casi un certo timore verso gli individui So-tuto-mi e Mi-inveze-te-bastono. Queste ultime, femmine adulte, si sono stanziate in un territorio limitrofo che non condividono in armonia, pur essendo state divise precauzionalmente da un muro di altezza tale da non permettere alle due di beccarsi troppo.
Nell’ambiente oggetto di studio si stanno progressivamente affermando: No-son-mi-che-fazo e Femo-domani che spesso troviamo insediati nella loro comune tana.
Non ultima abbiamo Toco-de-merda, femmina in età riproduttiva avanzata, che non a caso si è accoppiata con Misciamerda. Avranno qualcosa in comune.
Infine abbiamo un elemento di disturbo, in realtà non facente parte davvero del branco, essendo lei stessa un anti-branco, Miss Prezzemolina. Si tratterebbe di una femmina di natura diffidente e determinata a essere sempre presente ed in prima linea, concentrata nel continuo tentativo di svilimento e umiliazione delle altre femmine del branco, che vorrebbe scalzare per affermare la sua presenza sul territorio, abbindolando i maschi.
In conclusione si tratta effettivamente di un branco estremamente eterogeneo per linee caratteriali e comportamentali. Spesso queste sue caratteristiche, soprattutto di So-tuto-mi, Mi-inveze-te-bastono e Toco-de-merda sono state oggetto di disapprovazione da parte di alcuni esperti venuti a studiare il territorio. Ciò che è sfuggito a questi esperti è la capacità di coalizione di questi elementi, la bravura nell’unirsi nei momenti di difficoltà, a cui sono molto abituate, e nell’affrontare i momenti di crisi.
Forse per la natura fredda, rude, schietta e poco agghindata da requisiti futili e superflui, tipica del territorio che abitano, si tratta di un gruppo a cui ben poco si è riconosciuto ed accreditato.
Sicuramente, come in ogni ricerca scientifica, i fatti daranno torto alle parole.

Carissimi colleghi tutti, non me ne vogliate, è per scherzare un pò. Spero di non aver offeso nessuno e sappiate che anche se ogni tanto sono un pò acidina e nonostante sia un certo pezzo di m... tutto sommato vi voglio bene*!
*(logicamente tranne che a Miss Prezzemolina)

giovedì 12 luglio 2007

Ancora un pò di pazienza ...

... e poi la strada sarà in discesa.